- 10 Gennaio 2022
- Posted by: Benedetta Mangione
- Categories: Economia, Lavoro, Politica
Iadicicco (ANPIT), Recuperare la cultura di impresa. Agnelli (CONFIMI INDUSTRIA), Scarsa attenzione ai problemi concreti.
Una categoria in estrema difficoltà quella delle aziende, con molti settori che hanno dovuto far fronte alla profonda crisi causata dalla pandemia. La diffusione del virus, come è ben noto, ha avuto e tutt’ora ha gravi e pesanti ripercussioni sul settore economico. Il governo, che ha attuato nel corso degli ultimi due anni una serie di misure dedicata al contenimento e alla gestione della pandemia, ha messo in atto anche azioni che hanno garantito la sussistenza di alcune attività.
Il 2022 si è aperto proprio con un focus sulla gestione delle crisi aziendali. A fare una fotografia della situazione attuale è stato il coordinatore della nuova struttura per le crisi d’impresa del Ministero dello Sviluppo economico, Luca Annibaletti, che ha reso noti i dati del Mise. Attualmente i tavoli di crisi già aperti sarebbero 69, con 55 attivi e 14 di monitoraggio, per un totale di oltre 80mila lavoratori coinvolti. Il dirigente del Mise, durante un’intervista all’ANSA, ha evidenziato come la natura sia legata agli aspetti finanziari, industriali o a impedimenti dovuti alla chiusura o riconversione di aziende e impianti. I dati fanno emergere una complessiva omogeneità su tutto il territorio nazionale dei settori coinvolti nella crisi; inoltre si evidenzia che ad essere stati colpiti maggiormente sono i comparti dell’automotive, della siderurgia e lavorazione dei metalli e il trasporto aereo, meno colpiti invece tutti i settori legati alla produzione delle eccellenze del Made in Italy.
Sull’argomento è intervenuto anche il Presidente ANPIT, Associazione Nazionale per Industria e Terziario, Federico Iadicicco. “Il 2022 si apre nell’incertezza. Il prezzo alle stelle delle materie prime, il caro bollette che avvantaggia i grandi delle rinnovabili mettendo sotto scacco comparti importanti come il manifatturiero, l’inflazione in crescita, la revisione – forse in peggio – del patto di stabilità e lo spettro del debito pubblico arrivato a 2.734,4 miliardi non fanno ben sperare sul futuro delle imprese italiane. L’Italia recuperi quel senso di cultura imprenditoriale che l’ha resa grande per decenni, primeggiando sull’acciaieria e sulla siderurgia – ha dichiarato il presidente, con lo sguardo al futuro-, si concentri sulle risorse del Pnrr non solo per attuare quelle riforme necessarie, tra cui il fisco, che servono al Paese per ripartire. Crei le condizioni favorevoli, proprio attraverso l’utilizzo delle risorse europee, affinché un territorio sia aperto agli insediamenti produttivi dove i tempi per le procedure autorizzative e per l’erogazione degli incentivi possano essere certi e veloci, comprimendo al massimo i rischi di delocalizzazione delle nostre aziende. Siamo la terza economia in Europa, seconda manifattura del Continente e secondo Paese per esportazioni, eppure penultima sui mercati. Abbiamo dunque un grande volano che va riacceso – ha concluso Iadicicco nelle sue considerazioni – Ora spetta al Governo metterlo in moto”.
Il problema delle crisi aziendali ha origini radicate in una fase antecedente alla pandemia, legata a lacune del mercato nazionale e alla carenza di investimenti e competitività dei settori. Di certo la diffusione successiva del Covid e le drammatiche conseguenze, hanno accentuato tali difficoltà.
Proprio sulla base di questi problemi e a seguito di una analisi dettagliata, il governo ha predisposto per il 2022 un team per la gestione dei tavoli di crisi. La nuova struttura, già attiva dal 10 dicembre scorso, comprende dieci esperti suddivisi in tre gruppi di lavoro che si occuperanno rispettivamente di: supporto diretto dei tavoli di crisi, gestione delle aziende in amministrazioni straordinaria, analisi di policy, proposte normative e interventi per investimenti esteri in Italia.
Abbiamo chiesto un’opinione al presidente di Confimi, Confederazione dell’Industria Manifatturiera Italiana e dell’Impresa Privata, Paolo Agnelli. “Sono crisi consolidate e strutturali, molte delle quali legate ad una prevedibile delocalizzazione. Il trasporto aereo nazionale è in crisi da un decennio, abbiamo voluto tenerlo in piedi a tutti i costi piuttosto che seguire l’esempio molto pragmatico della compagnia Swissair, chiusa, ristrutturata e riaperta. Ci sono anche delle aziende in utile e cariche di lavoro che vogliono lasciare l’Italia, paese le cui scelte hanno dato vita a un humus anti-industriale: 62% di tasse e di oneri indeducibili, il costo dell’energia elettrica più alto al mondo (e già in tempi ordinari, non dallo scoppio dei costi), il costo del lavoro secondo in Europa, una giustizia lentissima, la malaburocrazia, la corruzione, leggi scritte non a caso in modo illeggibile e contorto, infrastrutture obsolete che secondo la banca mondiale costano oltre il 7% in più rispetto la media europea. Si aprono tavoli di crisi – ha sottolineato il presidente Agnelli – eppure c’è scarsa attenzione da parte del Governo ai problemi concreti del paese e al futuro dello stesso: basti pensare al fatto che stiamo vivendo un aumento del gas del 600% e dell’energia elettrica pari al 400%, come facciamo a parlare di transizione ecologica? Scarsa visione politico economica anche da Bruxelles non si può pensare di arrivare a emissioni zero di CO2 al 2035, quando colossi come Cina e India parlano di 2060”. Agnelli conclude poi affermando che “non c’è stata nessuna reazione al fallimento del multilateralismo annunciato a Glasgow. Cosa potrà fare dunque il Mise se non aiuti di stato (vietati) e dannosi? Meglio liberare forza lavoro a chi vuole lavorare per crescere e sa farlo”.
Dunque si rivela sempre più urgente affrontare il tema della crisi che sta impattando sulle aziende, così come urgente è la necessità di fare il punto sulle misure necessarie.
Ad approfondire il tema in un’intervista all’AGI, è stata anche la vice ministra allo Sviluppo economico Alessandra Todde, che ha evidenziato aspetti relativi alla gestione della crisi durante i precedenti due anni di pandemia. “In questi due anni, da quando seguo le crisi industriali al Ministero, abbiamo dato vita a nuovi strumenti che ci hanno permesso di ottenere traguardi e reso operativa la struttura per la gestione delle crisi, progettata e finanziata durante il Conte 2. Il Fondo Salvaguardia, strumento disegnato insieme al Ministro Patuanelli, consente allo Stato, attraverso Invitalia, di poter entrare in equity nel capitale delle aziende in crisi per un ammontare di massimo 10 milioni e per un periodo non superiore a 5 anni. La chiusura di un’azienda o di un’industria va sempre affrontata in modo costruttivo e non con rassegnazione”, ha dichiarato Todde, che ha poi sottolineato “pensare di mantenere modelli che non sono piu’ competitivi è un modo per non affrontare il problema ma gestire la transizione, la trasformazione e la chiusura di un azienda e’ necessario, perche’ quando un’attivita’ chiude ha delle conseguenze dirette sul territorio e sull’occupazione, quindi su persone e famiglie”. “Ho sempre ribadito – conclude – che non possiamo mandare avanti le imprese soltanto con gli incentivi, dobbiamo avere il coraggio di cambiare modelli produttivi se necessario. E lo possiamo fare anche grazie a strumenti che abbiamo appositamente elaborato proprio come il Fondo Salvaguardia”.
Per concludere il quadro generale ma ben dettagliato della situazione attuale, è rilevante sottolineare le azioni di supporto destinate alle aziende. Oltre al cosiddetto “metodo Corneliani”, con l’intervento pubblico in quota minoranza nel capitale di aziende in crisi affiancando gli investitori privati, rientrano anche alcune misure contenute nella Legge di Bilancio, che ha introdotto azioni e agevolazioni come le norme anti-delocalizzazione per tutelare i lavoratori senza penalizzare le imprese; sgravio contributivo fino a 6.000 euro annui per chi assume a tempo indeterminato lavoratori da aziende ai tavoli di crisi; agevolazioni anche per l’acquisto di immobili da imprese in crisi e un fondo di 100 mln destinato al prepensionamento. Da citare, infine, anche la direttiva del ministro Giorgetti che concede la priorità alle aziende che investono in aree di crisi e si impegnano ad assumere disoccupati e i lavoratori per i quali è attivo un tavolo di crisi.