- 10 Ottobre 2020
- Posted by: Consenso Europa
- Categoria: Economia

Nella notte del 5 ottobre è stata approvata in Consiglio dei Ministri – con leggero ritardo rispetto al consueto iter – la Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (NADEF). Nel testo si evidenziano quelli che sono i principali obiettivi da parte del governo sulla politica di bilancio del prossimo triennio, reso ancora più complesso a causa della crisi da Covid-19.
Lo scopo dell’esecutivo è quello di dare pieno sostegno ai lavoratori e ai settori produttivi più colpiti e, in questo contesto, il programma “Next Generation EU” – meglio noto come Recovery Fund – rappresenta un valido strumento per realizzare profonde riforme e cospicui investimenti.
Una delle aree principali dell’intervento di Palazzo Chigi sarà il fisco, infatti – come si legge nella premessa del Ministro dell’Economia e delle Finanze Gualtieri – verrà elaborata una riforma “finalizzata alla semplificazione e alla trasparenza, al miglioramento dell’equità e dell’efficienza del prelievo e alla riduzione della pressione fiscale. La riforma sarà disegnata in maniera coerente con la legge delega in materia di assegno unico, anche per favorire la partecipazione femminile al mercato del lavoro e aumentare la crescita demografica”. Sempre in quest’ambito sarà creato “un fondo da alimentare con i proventi delle maggiori entrate legate all’aumento della compliance fiscale che verranno successivamente restituiti, in tutto o in parte, ai contribuenti sotto forma di riduzione del prelievo”.
A rendere, però, il quadro più preoccupante sono i numeri presenti nella Nota, secondo le stime elaborate dal Governo: l’anno corrente si chiuderà con una contrazione del PIL al 9 % con un rimbalzo a + 6 % nel 2021, mentre nei due anni successivi è prevista una crescita più bassa, ovvero del 3,8% nel 2022 e del 2,5%nel 2023. Altrettanto allarmanti sono le previsioni sull’andamento del rapporto debito/PIL: dal 158 % stimato per il 2020 si scenderebbe al 151,5 nel 2023, con «una riduzione superiore di 2,6 punti percentuali a quella dello scenario tendenziale». In questo scenario si colloca un forte aumento del rapporto deficit/Pil del 10,8, con un sostanziale aumento da 1,6 % del 2019. Una crescita legata all’incremento del saldo primario e della spesa per interessi, dovuti al sia peggioramento del Pil «sia a fattori ciclici, sia a variazioni discrezionali della politica di bilancio».
In un paragrafo della nota, significativamente intitolato “Scenario avverso di recrudescenza dell’epidemia”, viene posta l’attenzione non solo su le cosiddette “variabili esogene” ovvero tasso di cambio dell’euro, prezzo del petrolio, spread del BTP ecc. ma sugli effetti – devastanti – che un aumento dei contagi avrebbe sulla nostra economia. “In base a tali impatti, la previsione annuale di caduta del PIL per il 2020 scenderebbe dal -9,0 per cento del quadro tendenziale a -10,5 per cento. La crescita del PIL nel 2021 si fermerebbe all’1,8 per cento, contro il 5,1 per cento del tendenziale”. Se così – auspicabilmente – non fosse, viene stimato in realtà al 2022 un recupero dei valori del PIL pre-COVID19, una previsione resa più ottimistica dagli indicatori in crescita nei diversi settori industriali.
La duplice fase incertezza, sanitaria ed economica, nella quale ci troviamo rende complesso tratteggiare scenari futuri, si rischia infatti di applicare ricette economiche ormai superate e/o di restare vincolati all’effettiva disponibilità dei vaccini. In attesa di un quadro più stabile, “la politica economica deve progressivamente passare dalla fase della protezione del tessuto economico-sociale a quella del rilancio della crescita nel breve così come nel medio-lungo periodo“.
In un contesto espansivo, in cui nonostante il crollo del PIL stimato al 9 % l’occupazione subirà un calo intorno al 2 %, la partita fondamentale riguarderà i fondi provenienti dall’Unione Europa, definiti “un’occasione irripetibile per il nostro Paese”. Già solo le sovvenzioni della Recovery and Resilience Facility “avranno un valore complessivo pari a circa il due per cento del PIL nel 2021”.
Più nel dettaglio, secondo quanto ipotizzato nella Nota, il Governo utilizzerà il Recovery Plan al “70 % dell’importo complessivamente stimato a favore dell’Italia, e di una prima parte del restante 30 per cento (limitatamente al 2023) […] La restante parte della RRF e delle altre componenti del NGEU verrà utilizzata nel periodo 2024-2026”.
L’auspicio è che gli investimenti e le spese per ricerca, innovazione, digitalizzazione, formazione ed istruzione rappresentino il volano della crescita, sfruttando le opportunità offerte da una situazione eccezionale.